
Le mani nella sabbia: quando il corpo entra in terapia
Convegno online
Programma
Lorraine Freedle - Cervello e psiche nella Sandplay Therapy
Milvia Talamini - Corpo e psiche
Iolanda Stocchi - Dove sono quando Gioco? Il corpo che gioca nello spazio transizionale.
Stefano Marinucci, Daria D'Andreamatteo - Bambini contesi in casi di alta conflittualità.
Sonia Giorgi - La casa fragile, la ragazzina che non sorride e la distrofia miotonica di Steinart
Takuji Natori - Come il senso delle dita apre l'immaginazione: esempi tratti da creazioni di studenti giapponesi
Martin Kalff - Consapevolezza delle sensazioni e dei sentimenti del corpo nel Sandplay
Anna Maria Cester - Giocare nella sabbia il gioco che il mondo non fa: nascere, vivere e morire nei tempi attuali. Un sogno, una sabbia, un mito.
Francesco Montecchi - L'Archetipo della Famiglia danneggiato e la possibile riparazione.
*Gli ECM sono validi per il triennio 2023-2025 se compili il questionario tra il 2/01/2023 e il 31/12/2023
Con Lorraine Freedle.
Il cervello è un complesso organo fisico—un sistema di neuroni, cellule gliali e sinapsi che collega il nostro corpo, emozioni e pensieri, e ci connette anche agli altri e al nostro mondo naturale. Cosa dirige questo complesso sistema? Jung chiama la psiche, "il grande motore". Nell' arricchito spazio sensoriale e relazionale di Sandplay Therapy, cervello e psiche interagiscono in modo dinamico per promuovere il neurosviluppo, la coscienza e il movimento verso l'interezza.
Attingendo ai progressi nella ricerca sul sandplay, tra cui gli ultimi studi di neuro-imaging, il modello neurosequenziale del Dr. Bruce Perry e altre teorie radicate nelle neuroscienze e nella psicologia junghiana, questo workshop esplora l'interazione tra cervello e psiche nella Sandplay Therapy. Attraverso lezioni, casi di studio, discussioni e interazione con il nostro processo creativo, i partecipanti avranno l'opportunità di comprendere e integrare i concetti a un livello profondo.
Obiettivi di apprendimento
1. Definire la neuropsicologia di Sandplay Therapy.
2. Descrivere come la sandplay therapy collega sensazioni corporee, emozioni e processi cognitivi per portare avanti l'integrazione neurale e la guarigione psicologica.
3. Elencare le attività di sandplay correlate ai domini funzionali del cervello, come descritto nel Modello Neurosequenziale.
4. Identificare le evidenze scientifiche per l'uso della Sandplay Therapy con bambini e adulti, comprese le ultime ricerche di neuro-imaging.
Preparazione
1. Scegli una miniatura animale e portala con te al laboratorio. Scegli semplicemente un animale che ti suscita un'emozione. Avremo un'esperienza riflessiva e creativa con il simbolo del tuo animale.
2. Lettura: Freedle, L.R. (2019). Fare connessioni: la terapia Sandplay e il modello neurosequenziale della terapia. Giornale di Terapia Sandplay, 28 (1), 91-109.

Nella prima parte dell’intervento mi propongo di delineare in sintesi cosa si intende per processi psicosomatici prendendo spunto dalla affermazione di Jung che alla nascita la nostra corporeità è vissuta da un principio energetico che egli chiama Psiche o anima o spirito) che va a formare quella totalità originaria detta l’Unio Corporalis dove il biologico e lo psichico convivono in uno spazio da Jung definito Inconscio Psicoide. In questo spazio si manifestano eventi di sincronicità che rappresentano a volte la chiave di lettura dei sintomi che si sono attivati in quel momento e in quello spazio corporeo dell’individuo Nell’ affrontare il tema del corpo nel contesto di questo intervento considero importante restare all’interno della duplicità che ci vive dove sia l’aspetto dinamico del potere creativo o desiderio di vita, non possa essere disgiunto da quello drammatico della sua precarietà, temporalità e finitudine. La realtà e la ragione del corpo si strutturano infatti sull’alternanza continua di vita e di morte ( le cellule che si rinnovano.) Il corpo è in continua trasformazione che si esprime in un dinamismo di perpetua autodistruzione e auto rigenerazione. Poiché tutto ciò avviene al di fuori del controllo della nostra mente si può pensare che il corpo si pone come rappresentazione che si manifesta in un continuo cambiamento per trovare di volta in volta nuove forme espressive. Mi cosa avviene quando questo equilibrio dinamico evolutivo si inceppa come se l’elemento psichico si staccasse dalla materialità che ci vive e ci fa perdere così il contatto con il senso e valore del ns. esistere? Un ponte che possa ricollegare corpo alla psiche è il lavoro con le immagini e le rappresentazioni nei quadri di sabbia. Nella seconda parte del mio intervento presenterò esempi di casi con malattia tumorale trattati con la Sandplay Therapy per mostrare quanto a volte l’uso di oggetti simbolo nella sabbierà aiutano a comprendere e a volte ristabilire il processo di equilibrio dinamico fra morte e rinascita che caratterizza questo tipo di patologia.
Con Ruth Ammann.
Somiglianze e differenze di 3 modi profondamente emozionanti in cui i processi psichici possono manifestarsi.
Come terapeuta Sandplay, sono stata testimone dell'effetto trasformativo dei processi di Sandplay sulle persone in molte revisioni dei processi di Sandplay.
Come analista junghiana sono stata in grado di seguire l'effetto profondo dell'immaginazione attiva all'interno delle analisi di formazione.
E come curatrice attuale dell'Archivio fotografico del C.G.Jung Institute di Zurigo, mi immergo nelle oltre 90 serie di immagini colorate e misteriose dei pazienti di Jung.
Pertanto, ho il privilegio di testimoniare la realtà dell'anima in 3 modi che hanno molte somiglianze, ma anche differenze. Quali? Questo è ciò che vorrei esplorare in questo seminario.

Con Iolanda Stocchi.
In questo mia riflessione partirò con la descrizione di alcuni tratti salienti che caratterizzano lo spazio transizionale e quello virtuale, mettendo l’attenzione sul differente impatto che spazio virtuale e spazio transizionale hanno sul corpo e sullo sviluppo psichico dei bambini.
A questa seguirà un racconto del perché ritengo che il GdS – come spazio del gioco - sia un dispositivo terapeutico importante come rimedio all’abuso del mondo virtuale sempre più presente nella vita dei giovani. Presenterò poi alcuni ritratti di bambini iper-connessi.
Affronterò questo fenomeno dal punto di vista dei bambini, non solo analizzando i problemi che derivano da una dipendenza dal mondo virtuale, ma anche proponendo i rimedi possibili all’abuso e alla dipendenza dal mondo virtuale, proprio a partire dalle mani e dal corpo e dal giocare.
Mi sono spesso chiesta dove “siamo” mentre stiamo facendo qualcosa. Dove “siamo” mentre stiamo guardando qualcosa o stiamo facendo un’azione, mentre stiamo giocando?
In quale luogo? In quale tempo?
Per rispondere a questa domanda sono partita da un “racconto-immagine”, un dialogo - tra John Berger e il figlio Yves che prende spunto proprio dalla domanda: “dove siamo quando disegniamo?”
Questo dialogo farà da sfondo e ci aiuterà ad orientarci nel discorso, indicandoci quella “terra di mezzo”, quel “tra” così importante per la psiche, e cura per la psiche. Un “tra” che è, a mio parere, poco presente oggi, anche a causa dell’abuso dei media digitali.
Lo spazio transizionale di cui parla Winnicott è quello spazio sospeso tra se stessi e il mondo esterno.
Il GdS come vedremo è, a mio avviso, proprio l’espressione di questo spazio. Quello spazio tra me e il mondo. Uno spazio “tra”, uno spazio “libero e protetto” capace di tenere insieme spazi e tempi differenti.
L’esperienza di “ri-connessione” che si vive quando facciamo esperienza di questo luogo ha un effetto curativo. Questo regno intermedio è stata la preoccupazione principale dell’alchimia. Se si riesce a lavorare nel regno che l’alchimia chiama “corpo sottile” c’è spesso la possibilità di trasformare non soltanto la struttura psichica ma anche quella fisica, e la scissione mente-corpo può sanarsi. La cura attraverso il GdS ci consente di toccare questo luogo.
Il mondo virtuale stravolge questo spazio.
Vedremo come se fai fuori il corpo, entri in uno spazio-tempo differente, entri nella realtà virtuale, sei nel game. Questo è il punto drammatico nel quale ci troviamo oggi, e che riguarda soprattutto i bambini e gli adolescenti.
L’ingresso in quel mondo, che non a caso viene rappresentato sempre come violento – si è catapultati dentro – richiede come pedaggio da pagare: il corpo rimane di qua. E nel mondo virtuale, insieme al corpo, perdiamo anche il contatto con la nostra interiorità.
Il corpo è una zavorra, un rumore di fondo. Di là agisce il nostro avatar, un Io smaterializzato che esiste al di là delle leggi dello spazio e del tempo che esistono nel mondo reale. E che se muore può rinascere mille volte.
Mi preme sottolineare la differenza radicale tra spazio transizionale – come spazio del play – e spazio virtuale - come luogo del game, di cui indicherò le caratteristiche.
Se torniamo alla domanda dalla quale siamo partiti in questa riflessione - “dove sono quando gioco?” - e osserviamo in quale spazio vivono oggi i nostri bambini, dobbiamo dire che
vivono sempre di più in uno spazio virtuale. Questo è un problema per lo sviluppo psichico.
I bambini che oggi arrivano in analisi sono infatti - anche per questo “abuso” e questa “dipendenza” - sempre più impulsivi, ipercinetici e senza interessi, hanno difficoltà a concentrarsi e a prestare
attenzione. Desiderano solo poter “smanettare” quei dispositivi. Senza questi dispositivi dicono di annoiarsi. Il loro mondo è tutto lì dentro. Abitano un paese dei balocchi dove tutto è possibile e dove prevale il senso dell’onnipotenza e l’assenza di ogni limite, in cui vivono esiliati, oltre che dal mondo reale e dal corpo, anche dal loro mondo psichico. In questo mondo virtuale e finto non possono più mettere mano alle loro emozioni, desideri e paure per poterli trasformare. Sembra che non abitino più il loro corpo, con cui non hanno un buon rapporto e che a volte vivono come “mostruoso”. Si muovono in modo scoordinato e “maldestro”. Ingrassano e assumono posture sempre più scorrette, in questa nuova postura “uomo-tastiera-schermo”. E questo comporta conseguenze pesanti nello sviluppo psicomotorio e per la psiche. Non sanno più giocare.
L’infanzia viene rapita dalla tecnologia che diventa un nuovo pifferaio magico.I bambini che non sanno più giocare sono deprivati di un organo di senso fondamentale per lo sviluppo nel tempo e l’orientamento nello spazio psichico e reale: l’Immaginazione. Uno strumento di conoscenza.
Come favorire la nascita e la crescita di questo “spazio transizionale”? Attraverso il gioco che è una delle manifestazioni dell’Immaginazione capace di superare la scissione mente-corpo - su cui il game invece si fonda e che contribuisce ad amplificare. “Fare anima” è un antidoto al game.
In questo contesto il GdS è esemplare. In questo senso penso che in un’epoca dominata da un lato dall’impulsività e dagli agiti che il mondo virtuale alimenta e amplifica, e dall’altro dall’ipertrofia della parola, il GdS — garantendo uno spazio per poter ritornare a sperimentare il corpo e l’immaginazione del gesto creativo — ha un valore sia per l’individuo sia per la società. Durante il processo terapeutico nel GdS si ha a che fare con la coscienza corporea e con la coscienza immaginativa insieme. Ci permette di fare l’esperienza di “essere soli alla presenza di qualcuno, in uno spazio libero e protetto”.Il Gioco della Sabbia attiva l’immaginazione come organo di percezione e di senso – attraverso il gioco in cui il corpo è protagonista e attraverso la produzione di immagini.
Questa esperienza riequilibra la dissociazione prodotta dalla realtà virtuale, ri-connettendo un circuito virtuoso tra mente, corpo ed emozioni. E può essere, a mio parere, un “rimedio” all’abuso del ”game”.
Seguiranno alcuni ritratti di bambini “iper-connessi” e il ruolo che ha giocato il Gioco della Sabbia – col mettere in campo il corpo e mani che sognano – come rimedio.
Con Stefano Marinucci e Daria D'Andreamatteo.
ll lavoro proposto parte da una riflessione rispetto all’ arrivo sempre più costante di casi di minori coinvolti in separazioni altamente conflittuali, in cui spesso l’iter giudiziario è caratterizzato da lunghe CTU, le cui prescrizioni o gli interventi consigliati si traducono in richieste dall’alto che vengono messe in atto dalle famiglie solo ed esclusivamente nel tentativo di rimanere all’interno di una trascrizione che, in quanto imposta, risulta per la maggior parte dei casi fallimentare. Gli inizi di percorsi di psicoterapia spesso appaiono funzionali rispetto alla possibilità del genitore di mostrare la propria adeguatezza o comunque di seguire l’indicazione del giudice senza che se ne comprenda la reale motivazione.
Sulla base di questa premessa abbiamo voluto analizzare le prime sabbie diagnostiche di questi minori per comprenderne il funzionamento di base, l’assetto interno, i meccanismi difensivi in atto, mettendo a confronto i dati raccolti in base all’età, sia del minore al momento della valutazione/inizio terapia, sia rispetto al tempo della separazione, così come al sesso per delinearne le caratteristiche principali e comprenderne le fragilità e le risorse.


Comprendere e affrontare il trauma attraverso la Sandplay Therapy.
Con Sonia Giorgi.
La relazione illustra il lungo percorso di terapia (2004-2008) con una ragazzina, che ho chiamato Elle, affetta dalla Miotononia di Steinert, diagnosticatale all’età di 9 anni e della quale, fino al momento dell’inizio della terapia, 14 anni, non era stata ancora resa cosciente.
La Distrofia Miotonica (DM) è una malattia genetica neuromuscolare degenerativa a carattere autosomico dominante, caratterizzata da un quadro clinico ampiamente variabile e da un decorso lentamente progressivo, il cui precoce esito infausto è il polmone d’acciaio e la morte in giovane età. Poche volte nella mia esperienza mi sono trovata nella condizione di avere a disposizione una diagnosi tanto articolata e certa, messa a fuoco da Colleghi diversi, in differenti contesti diagnostici. Per la prima volta, mi sono trovata a dovermi confrontare con un tanto ingombrante fantasma: una diagnosi infausta, per carico di dolore ed esito funesto e che potevo presumere come assunti dalla giovane paziente e incistatisi nella memoria implicita, ma rimossi dalla coscienza. Un segreto che veniva caricato sulle spalle della terapeuta affidando a lei, e alla cura, che per altro implicava muoversi nello spazio e afferrare materialmente oggetti toccando la materia, il compito di essere fatto affiorare per venire accettato. Questo caso è stato una sfida, da molti punti di vista. È stata proprio la specificità della terapeutica del Sandplay che mi ha aiutato a sopportare il carico transferale e controtransferale, ad accompagnare Lucia dentro lo spazio libero e protetto (secondo la definizione di Dora Kalff), in ascolto assorto ma fiducioso nelle possibilità di accettazione e ristrutturazione dell’assetto psichico insite nel profondo e che possono rendersi evidenti attraverso il Gioco della Sabbia, portatore, secondo il metodo di Dora Kalff, di alcune rilevanti specificità sia per quanto riguarda la diagnosi, sia rispetto alla prognosi. Infatti, là dove la diagnostica è finalizzata, per propria natura e utilità, a mettere in evidenza i deficit, le aree di povertà e fragilità del paziente, la Sandplay Therapy permette di vedere la ricchezza del suo mondo interiore, portando in luce le possibilità sepolte nell’inconscio di chi gioca, aprendo all’intuizione quasi concreta dei luoghi e dei perché di fragilità e punti di forza della personalità. Dal punto di vista prognostico, si rivela prospettica, indicando le linee di tendenza che assumerà, e viene via via ad assumere, la ricostruzione/ristrutturazione dell’Io del paziente, che ha potuto accedere nel profondo al Sé, al luogo della reintegrazione secondo la teoria di C. G. Jung, e così divenire capace, con tempistiche in certi casi (quale questo) sorprendenti, di poter esprimere se stesso e le proprie potenzialità.

Con Takuji Natori.
Il tema "Giocare con le mani. Il ruolo del corpo nel processo terapeutico" è davvero interessante. Per i terapeuti del gioco della sabbia, sarebbe molto facile immaginare che i lavori di sandplay si svolgano solo con la sabbia, dopo essere stati lavorati con le mani. Se ripenso ai lavori di sandplay realizzati da clienti o studenti giapponesi, ho scoperto che potrebbero esserci delle differenze nella "cultura" di base della sandplay therapy tra il Giappone e gli altri Paesi. Quando Hayao Kawai introdusse la terapia con i giochi di sabbia in Giappone nel 1965, la tradusse usando il nome di un'arte o di un hobby tradizionale, "Hakoniwa" (giardino delle scatole). Questo potrebbe portare a una comprensione della terapia un po' più legata alla realizzazione di una scena che al gioco con la sabbia.
I giapponesi hanno sviluppato un senso differenziato dell'utilizzo delle dita. Le abilità e i lavori manuali sono molto apprezzati, come il sushi, le bacchette, la cerimonia del tè e così via. Tuttavia, giocare con la sabbia nella sabbiera non sembra essere molto comune nella terapia del gioco della sabbia, soprattutto nel caso degli adulti. A volte non toccano la sabbia.
In questa presentazione vorrei riflettere su come l'utilizzo delle dita apra l'immaginazione nel lavoro espressivo dei giapponesi, mostrando alcuni esempi di studenti giapponesi, come i lavori di sandtray solo con la sabbia, le espressioni del "Fantasy Group" ideato da Kazuhiko Higuchi e dai suoi colleghi.

Con Martin Kalff.
Daniel Siegel e altri hanno approfondito l'importanza dell'integrazione neurale per la psicoterapia. Essa comprende, tra le altre cose, l'integrazione verticale del corpo, del sistema limbico e della neocorteccia, nonché l'integrazione orizzontale degli emisferi destro e sinistro. La ricerca indica che la meditazione consapevole promuove l'integrazione neurale.
Questo è di particolare importanza per la terapia del gioco con la sabbia. Da un lato, la sandplay therapy può essere vista come un metodo che promuove l'integrazione neurale attraverso l'esperienza tattile della sabbia e la creazione di immagini. D'altra parte, c'è spazio, sia nel processo terapeutico che nella supervisione, per approfondire ulteriormente questa integrazione attraverso la percezione consapevole delle sensazioni corporee e dei sentimenti e dell'espressione verbale degli stessi.
Di conseguenza, ho sviluppato la «Supervisione esperienziale», che utilizza momenti di consapevolezza e altri metodi per aiutarci a prestare maggiore attenzione alla nostra risonanza legata al transfert nel corpo e nei sentimenti. Nell'ambito di un Gruppo di Vigilanza e Ricerca italiano, abbiamo pubblicato aspetti importanti di questa esperienza nella pubblicazione italiana "Martin Kalff, Ascoltando il Corpo, Moretti & Vitali, 2018", a cui farò ampio riferimento.
D'altra parte, ci sono anche vari modi di lavorare con i clienti per supportarli nel percepire consapevolmente, in determinate circostanze, e sensazioni e sentimenti che sono innescati da giochi di sabbia, ma anche da sogni e situazioni della loro vita, in particolare negli adulti. Anche questo sarà illustrato da singoli esempi. Tutto ciò ha lo scopo di chiarire l'importanza della dimensione tattile attraverso il contatto delle mani con l'elemento terra sabbia.

Con Anna Maria Cester.
“Giocare nella sabbia il gioco che il mondo non fa: nascere, vivere e morire nei tempi attuali. Un sogno, una sabbia, un mito”
Dott.ssa Cester Anna Maria
Seguendo la traccia del corpo, in questo intervento si proverà ad unire una riflessione sulla psiche collettiva a quella della psiche individuale di un bambino che gioca con la sabbia in terapia e della terapeuta che sogna mentre lo accompagna in questo percorso; di entrambi che vivono la stessa esperienza pandemica in un orizzonte di guerra.
Partendo dalla tragedia greca di Antigone che si impone sull’immaginario dell’analista alla vigilia della guerra in Ucraina, si proverà a riflettere sulla connessione tra un mito in cui viene messa in scena una guerra fratricida, con la necessità di dare sepoltura al corpo di un fratello morto per mano di un altro fratello, e l’osservazione di una sorta di contagio psichico che ha trascinato il collettivo, e il mondo intellettuale e politico in grande maggioranza, verso un conflitto reale quanto psichico, eludendo la dolorosa fine di un lungo periodo di pandemia. Tanti morti sono accadute durante la pandemia che metaforicamente non hanno potuto ricevere sepoltura, e dato lo spostamento immediato verso un orizzonte di guerra, probabilmente non la riceveranno neanche tramite quella forma di cordoglio collettivo che ci si aspettava potesse essere vissuto alla fine della pandemia.
Un articolo di Lancet sottolinea come la pandemia potesse essere, psicologicamente parlando, un’importante occasione per recuperare “un contatto vitale con la morte”, ovvero la possibilità soprattutto per i ragazzi e bambini, ma non solo, di tornare a pensare, a fare entrare la morte nella trama stessa della vita, superando la rimozione della fine caratteristica della nostra cultura. Per ora i segnali attuali non sembrano andare in questa direzione, e i morti insepolti in Ucraina sfilano come un contenuto rimosso in una maniera ancora più copiosa, violenta e brutale davanti ai nostri occhi. Ma in una stanza di terapia un Bambino gioca con la sabbia, e giocando sembra compiere ciò che il mondo più grande fatica a fare. Ripercorrendo attraverso un percorso terapeutico che si snoda attraverso sabbie, giochi e riflessione sull’esperienze della realtà esterna, a partire dal proprio vissuto corporeo di adottivo e prematuro, figlio di una madre che muore al parto, il Bambino compie con fatica, ma risoluzione un percorso costruttivo e ricostruttivo della propria origine, facendo un buon uso anche dell’esperienza della morte di nonno durante la pandemia.
Dice Shamdasani nel commento al libro rosso di Jung: “abbiamo ucciso i morti e adesso ci aggiriamo in una vita che è poco più che un pregiudizio, lontani dalla pienezza dell’esistenza. Ecco il sintomo collettivo, la malattia di cui soffre la nostra cultura e che le psicoterapia tentano invano di sanare. Nel profondo di sé Jung non rinveniva i traumi personali, solamente, vi incontra soprattutto le figure ancestrali della storia umana , i morti che lamentano di restare inascoltati. Soltanto se presteremo loro
orecchio e li riaccoglieremo tra noi, sapremo curare la nostra sofferenza di vivi, senza sacrificare un passato inconciliato a un futuro esangue”.
Una sabbia, un sogno e un mito ci possono aiutare a percorre questa via impervia.

Con Francesco Montecchi.
Con la ricostruzione della storia dei pazienti è possibile evidenziare come i disagi psichici siano profondamente radicati nei comportamenti e nelle patologie della storia familiare dove si può ritrovare l’esistenza di funzionamenti problematici nel trangenerazionale, nella storia delle famiglie di origine e nella fase della gravidanza Il bambino quando nasce, iscritte nel suo corpo porta un gran numero di informazioni ed esperienze emotive che ha ricevuto e accumulato sin dal momento del concepimento. Durante la vita fetale attraverso nella trasmissione verticale, la madre consegna al feto attraverso i canali biologici, le emozioni vissute col transgenerazionale non elaborate e non mentalizzate; mentre nella trasmissione orizzontale media con il feto le influenze epigenetiche e la relazione con l’altro genitore e il mondo familiare e sociale. Queste moderne elaborazioni confermano quanto affermava Freud sulla trasmissione di contenuti da una generazione all’altra e quanto Jung parlando di se, sosteneva di essere sotto l'influenza di cose o di problemi che furono lasciati incompiuti o senza risposta dai suoi genitori, e dai suoi antenati tanto che parla degli archetipi di madre e di padre come immagini migrate nell’inconscio attraverso numerose generazioni. Seppur il bambino ha la necessità di stabilire un solido rapporto con entrambi i genitori, che gli forniscono le cure fisiche e affettive di cui ha bisogno, sono però determinanti per la costruzione del mondo interno: madre, padre, figlio sono una triade indissolubile di natura archetipica. Elevare ad Archetipo il concetto di famiglia è implicitamente espresso da Jung in una serie di affermazioni che fa nel Saggio d’interpretazione psicologica del dogma della Trinità (1948) in cui trova nel dogma della Trinità cattolica immagini tratte dalla triade familiare divina/archetipica che esportate nella vita dell’individuo, si ritrovano nel corrispondente Archetipo della Famiglia che è soggetto alle stesse vicissitudini che regolano la costellazione degli altri archetipi. Può accadere che il dispiegarsi dello sviluppo archetipico della famiglia avvenga in modo parziale o scisso dalle figure evocatrici, o venga danneggiato qualora la situazione familiare esterna sia connotata da carenze e scissioni. Quanto descritto verrà mostrato attraverso i quadri di sabbie di bambini e adolescenti affetti da disturbi alimentari e provenienti da esperienze di abusi: attraverso le immagini nella sabbia vengono rappresentate le vicissitudini del loro Archetipo familiare e come attraverso il Gioco della Sabbia sia possibile avviare diversi percorsi per la sua riparazione.

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