
Le Terapie Immaginative
La storia delle terapie immaginative ha radici remote. Fin dall’antichità – in Egitto, in Grecia, nell’estremo Oriente, nell’America precolombiana – fu chiaro che fantasie, visioni e immagini dell’inconscio possiedono un potenziale curativo.
Secoli più tardi, la nascente psicologia strutturò una varietà di approcci all’immagine mentale e una conseguente diversità di tecniche: allucinosi ipnotiche, sogni a occhi aperti, immaginazioni libere, visualizzazioni guidate, meditazioni immaginative e altro ancora.
Inizialmente questi procedimenti immaginativi condivisero una stessa finalità: estendere il potere dell’io per contenere la potenza dell’inconscio.
Ma, agli inizi del XX secolo, metodi come l’immaginazione autogena di I.H. Schultz o l’immaginazione attiva di C.G. Jung introdussero un’innovazione radicale: l’atteggiamento verso l’inconscio non fu più unicamente di controllo e di contrasto, ma di rispetto e di collaborazione.
Il mondo immaginale divenne, allora, lo sfondo psichico da cui le immagini affiorano a configurare e a plasmare l’individualità. Attraverso la forza dei simboli s’imprimono sulla vita psichica e scandiscono ogni passaggio esistenziale e ogni involuzione patologica.
Collocata entro questa prospettiva, l‘immaginazione attiva di Jung costituisce il punto più avanzato nell’evoluzione delle terapie immaginative e l’approccio più rispettoso dell’attività immaginativa diretta dall’inconscio.
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Le forme di immaginazione guidata (visualizzazioni guidate, proiezione di simboli, sensibilizzazione e desensibilizzazione etc.) muovono da precise condizioni preliminari per realizzare uno stato di coscienza immaginativa.
Le terapie immaginative contemplano una gamma di modalità operative, che tra di loro presentano similarità procedurali, ma anche diversità teoriche.
In questa sezione introduttiva, Widmann ci accompagna in un viaggio storico e culturale che ripercorre le antiche origini dell'immagine utilizzata come mezzo di cura.
Il percorso storico ci porta ad approfondire la tecnica dell'ipnosi e le sue evoluzioni, alla base di queste tecniche seppur rimodellata in alcune caratteristiche.

L’immaginazione dialogica (Rêve Eveillé Dirigé di Desoille, Katatymes Bilderleben di Leuner, Psychoimagination Therapy di Shorr e altre) muove da un diverso stato di coscienza per adottare una diversa relazione sia tra soggetto ed operatore, sia tra soggetto e immaginario.
Accanto ad un repertorio di interventi condivisi, esistono tecniche specifiche dei diversi orientamenti.
Viene proposta una riflessione attorno al concetto di simbolo e al suo significato all'interno della terapia, procedendo alla scoperta di alcuni tra i più importanti autori e teorici delle terapie immaginative.
Il viaggio continua alla scoperta della relazione tra il mondo immaginale, l'inconscio e la consapevolezza, delineando nuovi assetti di cura.

L’immaginazione autogena presenta una specificità concettuale che impronta modalità procedurali del tutto originali.
Si propone un approfondimento sull'utilizzo delle tecniche immaginative all'interno della terapia e sulla conduzione del colloquio.
La tecnica originaria di Schultz rappresenta una pietra miliare nelle terapie immaginative, in quanto sottolinea il ruolo del corpo e del rilassamento, da cui origina il famoso "Training autogeno".

La tecnica immaginativa si confronta spesso con il paradosso. E' il caso della "concentrazione passiva", o della possibilità di fare esperienza cosciente dell'inconscio.
Il rapporto tra Io e inconscio si delinea in modo sempre più differente.
L’immaginazione attiva è una modalità originale di C. G. Jung. Ha origine dall’esperienza privata dell’analista svizzero e presuppone un preciso approccio teorico e un atteggiamento mentale del tutto particolare.
