
Il corpo in psicoterapia
Direzione scientifica a cura di Vincenzo Caretti e Alessandro Lombardo.
Tre giornate di formazione per approfondire, da diversi vertici teorici e applicativi, la dimensione corporale e psicosomatica della psicoterapia. Concetti chiave, al centro della riflessione scientifica e applicativa nelle neuroscienze, e ci riferiamo all'embodied cognition, sono applicati a tematiche attuali della psicologia, quali l’esperienza del Sé, l’intersoggettività, la percezione e il pensiero di oggetti, l’arte e la creatività, le immagini mentali. Lo scopo è quello di sottolineare la possibilità di una psicoterapia che ponga al centro della riflessione e della ricerca sperimentale la corporeità, aprendo nuovi e diversi orizzonti per comprendere la mente.
27 ore di Training
13 Relatori
10 ECM richiesti (senza necessità di seguire le dirette dei webinar)
Solo 100 posti













In questo incontro Clara mucci spiegherà come, lavorando con un metodo integrato che metta insieme neurobiologia interpersonale, neuroscienze affettive, attaccamento e teorie dinamiche psicoanalitiche, si possa stabilire una comunicazione implicita duale e relazionale in cui possono essere modulate le aree disfunzionali tra corpo-mente e cervello (ricordando che anche il cervello è corpo).
Questa modalità complessa di Interrelazione particolarmente efficace ai margini della disregolazione affettiva di origine traumatica (che si esprime nelle somatizzazioni e come attacchi al corpo, tagli, disturbi alimentari, suicidalità, abuso di alcool e sostanze, oltre che diffusione di identità sessuale) viene dall’autrice definita “testimonianza incarnata”, in cui il terapeuta interagisce offrendo non solo e non tanto il rispecchiamento degli stati emotivi interni ma anche la possibilità di una riconnessione profonda degli stati dissociati e scissi, grazie alla sua partecipazione affettiva ed etica.

I processi di mentalizzazione permettono una rappresentazione psicologica delle emozioni (compresi gli stati somatici correlati) e risultano fondamentali per la regolazione psicofisiologica dell’organismo e nella gestione dello stress.
In tutte le vicissitudini della vita che possono assumere un valore psicologico traumatico le funzioni riflessive sono compromesse. Le ricerche hanno evidenziato che in questi casi possono manifestarsi disturbi somatici e alterazioni del comportamento di malattia (preoccupazioni ipocondriache, disturbi di somatizzazione, sindromi mediche funzionali), una maggiore suscettibilità alle patologie fisiche o psichiche, oltre che agiti conseguenti alla disregolazione emotiva, al mancato controllo degli impulsi (condotte aggressive o violente, attacchi di panico) e a disturbi dissociativi (amnesie, fughe, depersonalizzazione) atti a proteggere dalle conseguenze traumatiche della tensione mentale.
Le persone che presentano difficoltà riflessive (come i soggetti definiti alessitimici) tendono ad attuare in modo compulsivo comportamenti disadattivi nel tentativo di regolare e controllare le emozioni disturbanti (come fumare, bere, assumere farmaci o droghe, utilizzo compulsivo di socialnetwork e internet). La tendenza a ricorrere a questi “regolatori esterni delle emozioni” espone a dipendenze patologiche e comporta una maggiore vulnerabilità dei confronti di disturbi psichici e somatici.
Specifiche tecniche psicoterapeutiche basate sull'attaccamento e sul costrutto di mentalizzazione sono state utilizzate nella cura di diversi disturbi dell’adulto (PTSD, disturbi affettivi, disturbi di personalità) e per modificare i pattern disfunzionali di attaccamento tra genitori e bambini. Negli ultimi anni sono state svolte ricerche controllate sull'efficacy e sull'effectiveness delle psicoterapie e condotte metanalisi che hanno evidenziato l’importanza della mentalizzazione, e della comunicazione emotiva non verbale in psicoterapia e la loro associazione con la qualità della working alliance e gli outcome dei trattamenti.

Il corpo è il sensore privilegiato della sofferenza psicopatologica. E' lo strumento diagnostico che coglie il paesaggio psicopatologico in cui si viene sbalzati nella relazione terapeutica. Con il paziente depresso il corpo diventa pesante, i sensi si ottundono, la luce declina, il tempo rallenta, lo spazio si dilata, l’energia svanisce, l’atmosfera si fa cupa.
Ma il corpo non è solo un’antenna. E’ anche il crogiuolo della trasformazione clinica: il corpo del terapeuta è la carne che può accogliere quanto dissociato e non formulato nell’esperienza del paziente. Chi attraversa un’esperienza depressiva ci porta in territori estremi dove i vissuti corporei sono difficili da tollerare.
Quali rischi e quali trappole insidiano questo viaggio? In che modo modulare la propria presenza corporea in questo incontro? Come non cadere nell’abisso e neppure fuggire? Insomma, come custodire la luce in un buco nero?

Coming soon

La relazione si focalizzerà su due aspetti fondamentali dell’analisi bioenergetica:
- il dolore, che in genere rimane inscritto nella memoria implicita dell’individuo e che è alla base della formazione caratteriale
- il piacere, che rappresenta invece la possibilità dell’individuo di lasciarsi guidare per ritrovare la propria vitalità come orientamento alla vita.
Rifletteremo su come questi due aspetti interagiscono nella psicoterapia e come l’analista bioenergetico, partendo dal corpo e dalle sue memorie implicite, può trasformarli in importanti agenti di cambiamento.

Le neuroscienze affettive stanno gradualmente modificando il modo di concepire i fenomeni clinici tanto nel campo della psicopatologia quanto in quello della biomedicina. Esse si occupano dello studio del funzionamento del sistema nervoso centrale sottostante la manifestazione di stati emotivi e affettivi (connessioni all’interno del cervello) e delle relazioni fra cervello e altri sistemi biologici correlati con le emozioni, come il sistema endocrino, immunitario ed epigenetico. L’ambito della psicosomatica ha sovrapposizioni parziali e, sotto certi aspetti, sostanziali con le neuroscienze affettive in quanto si occupa del ruolo dei fattori biopsicosociali nella vulnerabilità individuale verso le malattie e nel decorso delle malattie stesse.
Non riguarda quindi l’oggetto (ossia il tipo di malattia o il motivo dell’invio in psicoterapia, generalmente basato su un criterio ex-negativo di non plausibilità biologica della sindrome riportata: medically unexplained versus explained somatic syndromes) ma l’approccio al paziente. Il punto di convergenza di neuroscienze affettive e psicosomatica può esser individuato nel modo di considerare le emozioni come due facce di una stessa medaglia.
Una è costituita dall’aspetto biologico, autonomico e motorio delle emotions, largamente dominato dai sistemi neurali hard-wired e dalle connessioni fra sistema nervoso e sistemi biologici. L’altra faccia è costituita dall’aspetto vissuto, soggettivo e cognitivo dei feelings, largamente determinato da fattori di personalità, autobiografici, culturali e psicosociali. Il rapporto fra queste due facce, pur consustanziale, non è sempre lineare e numerosi modelli teorici provano a render conto delle difficoltà di associazione fra emotions e feelings.
Un aspetto senza dubbio controverso e complesso del rapporto fra neuroscienze affettive e psicosomatica è la difficoltà di traslare le conoscenze neuroscientifiche “di laboratorio” in modelli operativi di pratica clinica. Un esempio di come il sistema affettivo complessivo giochi un ruolo determinante all’interno delle relazioni interpersonali (attuali e rappresentate simbolicamente) può esser individuato nel fenomeno della paura e, in particolare, della paura di malattia paventata (come nell’ipocondria) o attuale (come nel paziente oncologico).
Verranno esaminati casi clinici di trattamento psicoterapeutico di lungo e breve periodo come tentativi di coniugare conoscenze neuroscientifiche e pratica clinica psicoterapica.
La Fototerapia Psicocorporea si avvale dell'uso delle fotografie o delle immagini con il lavoro di connessione a livello corporeo: le fotografie permettono a ricordi e sensazioni di affiorare alla consapevolezza e il lavoro terapeutico con il corpo permette di elaborare al meglio i vissuti emersi dalle immagini.
L'assunto di fondo, che deriva dagli ultimi studi neuroscientifici, è che la nostra esistenza è inevitabilmente "incarnata": noi siamo corpo. Davanti alle immagini il nostro corpo reagisce, aumenta o blocca il respiro, diventa teso, impallidisce o arrossisce, distoglie lo sguardo. La relazione terapeutica aiuta con estremo rispetto il paziente a stare in contatto con queste modificazioni e lo guida nella loro esplorazione, affinché queste reazioni si trasformino in comunicazioni importanti.
Le foto diventano uno strumento per stimolare dialoghi interni più profondi e consentire un'espressione più libera e spontanea di sé.

Il corpo è il punto di partenza di ogni terapia, anche se di rado ci facciamo caso.
Eppure è quanto incontriamo per prima cosa quando la terapia inizia. Ma non è “il” corpo che entra interagiva: è “questo corpo”, il corpo di ogni singolo terapeuta e paziente. E il corpo interagisce molto prima che noi ce ne rendiamo conto. Si tratta allora, per i terapeuti, di acquisire coscienza del proprio corpo e di tutto quello che porta con sé, e insieme di diventare più coscienti di come siamo influenzati dal corpo (dai corpi) dei nostri pazienti.
Spesso la considerazione del corpo in terapia passa attraverso tecniche più o meno specifiche e deliberate. Noi preferiamo invece incoraggiare i terapeuti ad aumentare la propria consapevolezza di sé e dell’altro, nella convinzione che questo consenta di per sé una migliore attività terapeutica, e una maggior efficacia degli interventi.
In questo intervento vogliamo proporre un modo di lavorare sulla persona fisica del terapeuta che prenda in considerazione le coordinate più importanti che entrano in gioco nella terapia: il corpo e la presenza, il genere e l’età. Proporremo riflessioni e possibilità di lavoro concreto per attualizzare, rendere più consapevoli e utilizzare queste dimensioni nel dialogo terapeutico con diverse tipologie di pazienti e diversi setting (terapia individuale, di coppia e di famiglia).


Nei percorsi di psicoterapia si assiste spesso all'incontro con un muro invisibile, con l'indicibile, in forma di silenzio, arresto, fino al drop-out.
Il linguaggio sonoro-musicale, attraverso la risonanza fisiologica che implica sul Sè Corporeo, può essere proposto come occasione di espressione alternativa per il mondo interiore del paziente, che si scopre in grado di dire - spesso in modo sorprendente e incoraggiante - ciò che ha sentito suonare e risuonare attraverso l'ascolto musicale condiviso nel setting terapeutico.

Laboratorio didattico di psicosociodramma
Se la vita non esaminata non è degna di essere vissuta, la vita non vissuta non vale la pena di esaminarla (Zerka Toeman Moreno)
Psicodramma (da psiché = anima, soffio vitale; drao = agire, prendersi cura, servire qualcuno; drama = azione, azione teatrale), indica quel metodo professionale che consente di conoscere ed esplorare la realtà psichica e le relazioni attraverso l’azione, la scena teatrale e gli atti di servizio delle persone del gruppo.
Il laboratorio di psicosociodramma prevede una prima parte esperienziale con la struttura e la modalità dello psicodramma classico o moreniano (warm up: attivazione psicodrammatica dei singolo e del gruppo), azione scenica (focalizzata su tematiche o scene proposte dal singolo o dal gruppo), sharing; e una parte riflessiva/didattica di presentazione e discussione sul tema e la funzione del corpo in azione nello psicodramma.
Parole chiave: Gruppo (sguardo consapevole e cura attraverso il gruppo); Corpo (espressione, movimento); Scena (esternalizzazione, concretizzazione, simbolizzazione, trasformazione); atto di servizio (“ogni essere umano può essere umano può essere agente di terapia per un altro essere umano” – J.L. Moreno)

Scegliere attivamente la pienezza d’essere in questo momento.
Da questo profondo insegnamento che profuma d’oriente, ha origine quella che oggi chiamiamo Mindfulness: la capacità di poter assumere un punto di focus specifico, essere in grado di espandere la propria consapevolezza senza reagire, e scegliere dunque attivamente il contenuto cognitivo favorendo quello evolutivo e sanatorio.
La mindfulness è maestria della propria attenzione e capacità di scegliere intenzionalmente dove dirigerla. Tale maestria è raggiunta dallo “sforzo” volontario di praticare, quotidianamente.
Nell’intervento, esploreremo il come e comprenderemo il suo valore in ambito terapeutico, in quello che possiamo definire mindfulness-based-therapy.
Il momento presente è dove il corpo abita e per questo è un ancoraggio solido per la scoperta del Sé. Qui ed ora con le sue sensazioni, emozioni e pensieri che si influenzano reciprocamente il corpo è immerso, ed è qui ed ora che con una fluida attenzione direzionata, è possibile ricalibrare la risposta all’esterno e regolare la reazione endocrina del sistema simpatico e parasimpatico intervenendo sui meccanismi di difesa.
Sperimenteremo le pratiche fondamentali e attiveremo la capacità di diventare testimoni imparziali dell’esperienza sensoriale, aprendoci alla possibilità di ritrovare autonomia, maggiore fluidità, e guidare l’altro verso lo stesso obiettivo terapeutico e umano.

Partendo dalle scoperte delle neuroscienze cognitive, l’autore approfondirà il modo in cui entrano in gioco, nelle dinamiche relazionali fra clinico e paziente, le interazioni mente-corpo-psiche.
Verranno inoltre precisate le caratteristiche del corpo biologico (organismo), del corpo affettivo (soma) e del corpo simbolico (corpo) e il loro ruolo nel lavoro psicoterapeutico.

La teoria polivagale applicata alla clinica

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